La vita non ti
regala niente, nemmeno la natura stessa. Sono una persona normale, un alpinista
di medio livello, che nella vita ha percorso tanti, ma tanti chilometri.
Le foto, che sono
inserite nella guida “Ghiaccio delle Orobie” e che sono state pubblicate sui
miei profili social e sul mio blog, sono la testimonianza più ricca e viva
delle emozioni che la montagna ha saputo regalarmi. Un grazie immenso a mia
moglie e alla mia famiglia; senza il loro appoggio non avrei potuto esplorare
le montagne e raccogliere numerose informazioni direttamente sul campo.
L’idea di realizzare
questa guida risale al 2011 quando ho sentito la necessità di schedare e catalogare
tutte le salite invernali presenti nelle Orobie, che poi sono le montagne di
casa. Sui social regnava la confusione. Il tutto ha poi preso forma durante una
cena a Trento con l’amico Marco Romelli e mia moglie. Marco abbracciò senza
indugio l’idea, ma a stimolarmi ulteriormente fu un articolo di Giuseppe “Popi”
Miotti, che firma anche l’introduzione a questa seconda edizione, nel quale
elencava una sessantina di itinerari sulle Orobie sia dal lato valtellinese che
da quello meridionale.
Da quel giorno fu un
lungo susseguirsi di salite, di esplorazioni, di lunghi giri con gli sci per
scattare fotografie e salire cime, spesso poco conosciute, scalandone le pareti.
Non sono mancate le aperture e gli incontri con numerosi alpinisti, che oggi
sono diventati amici preziosi.
Per certi versi
questa guida è il diario intimo di un lungo viaggio che mi ha portato a
ripetere circa 200 vie e a compiere numerosi itinerari di scialpinismo, spesso
in solitaria.
Oggi Marco, Matteo
ed io consegniamo agli alpinisti un libro di quasi 600 pagine con presentate
oltre 300 salite.
Dentro c’è di tutto.
Dai semplici canali con pendenze moderate e facili passi di misto agli
itinerari più ricercati e impegnativi. Ognuno troverà pane per i suoi denti.
Devo ringraziare
l’amico e collega Matteo per aver contribuito, grazie alla sua passione per la
storia dell’alpinismo, all’ampliamento della parte storica, ha portato alla
luce delle vere chicche che per anni erano sfuggite. Dalla prima salita
invernale della via Fasana al Pizzo della Pieve, ai documenti di fine ottocento
pubblicati dalla sezione bergamasca del Club Alpino Italiano.
È affascinante
capire e poi ripercorrere i passi di chi ci ha preceduto, in alcuni casi
leggendo relazioni dell’epoca che trasudano di poesia ed eroismo.
All’interno del
libro non troverete tutti gli itinerari. Ad un certo punto occorreva chiudere
il “cantiere” e procedere con la stampa ma sono anche state fatte delle scelte
etiche. Per questo motivo abbiamo rimandato scelte, decisioni o aggiornamenti a
una successiva edizione.
A fianco di alcune
salite viene consigliato l’avvicinamento con gli sci, ma in questi casi occorre
tenere sempre ben presenti le condizioni nivo-meteorologiche.
Per quanto riguarda
le linee moderne, quelle aperte negli ultimi anni, prevalgono le salite con lo
stile classico e genuino, dove all’imbraco non deve mancare il martello (con i
chiodi), una serie di dadi e friends e le viti da ghiaccio. In parete si dovrebbe
lasciare pochissimo, meglio nulla.
Non mancano alcune
linee a fix, che sono state aperte in questi ultimi due anni con uno stile
diverso ma che richiedono comunque un certo impegno. La presenza di questi
infissi non ci deve portare ad affrontarle con leggerezza. Mai confondere la
solidità di un ancoraggio con l’adeguata preparazione. Mi piacerebbe che le
nuove generazioni non esagerino con il posizionamento di ancoraggi fissi; una
montagna pulita è decisamente da preferirsi.
I sentimenti che ho
provato in questa lunga avventura sono stati vari: da un lato ci sono le giornate
che ho vissuto e le persone con cui le ho condivise e che mi hanno aiutato a
crescere; dall’altro lo sguardo sempre attento che ho avuto su queste montagne.
Ho visto ripetere le mie linee e ricevere numerosi ringraziamenti, ma ho
provato anche un pizzico d’invidia verso altri alpinisti che ne hanno aperte di
bellissime e che mi avrebbe fatto piacere salire.
Purtroppo ho visto
persone muoversi sui social network con poca umiltà e questo mi ha provocato un
certo dispiacere.
Nel compilare questa
guida abbiamo cercato di mettere ordine nelle aperture. Alcune vie nuove erano
in realtà già state salite 20-30 anni fa.
Io non sono esente
da errori. In passato ne ho commessi, ma oggi sono felice di ammetterlo e di
camminare a testa alta. Lungo le pagine di questo libro troverete nella scheda
introduttiva della via l’indicazione “primi salitori ignoti” e nella riga
successiva la “prima salita nota”. L’ho fatto anche e soprattutto sulle mie
salite. Dare l’esempio era doveroso. Quando si sale una linea logica, magari a
poche ore dalla macchina è abbastanza difficile che questa non sia mai stata
affrontata dalle generazioni che ci hanno preceduto.
Credo sia importante
spostare il nostro baricentro: occorre valorizzare di più la giornata che
viviamo in montagna con le emozioni che questa e i compagni di cordata sono in
grado di regalarci. A quel punto anche l’ingaggio mentale assumerà una
dimensione diversa.
Infine lancio una
provocazione: è davvero così importante proclamare una prima salita? Io col
tempo ho maturato una risposta: No! La cosa più importante è mettersi in gioco
e scommettere su sé stessi. Il tempo e qualche appassionato di storia
dell’alpinismo faranno il resto.
Inoltre oggi ho
l’impressione che prevalga sempre il “salire a tutti i costi”. Manca una capacità
di valutazione del terreno e delle condizioni. Com’è possibile affrontare le
pareti con uno zero termico a 3000 metri? La gente ha veramente coscienza dei
pericoli a cui si espone? Ha senso abbandonare la linea logica del canale per
deviare su tratti illogici con il solo scopo di aumentarne o diminuirne le
difficoltà?
Sui social e sui
blog vengono spacciate per nuove delle linee che negli anni passati erano già
state salite da alpinisti locali, spesso in solitaria e talvolta con attrezzi
meno performati degli odierni. Vie a poca distanza dalla macchina. Per essere
sicuri di essere i primi salitori, spesso, ci si deve trovare di fronte ad alte
difficoltà e/o a pareti “scomode” e difficili da raggiungere.
Non voglio essere
catalogato come la persona che giudica e stabilisce se effettivamente si tratta
di una prima salita o meno. Chi sono io per sentenziare?
Ognuno deve
prendersi le proprie responsabilità e agire con umiltà.
Quello che abbiamo
realizzato non è il libro di Valentino, Marco e Matteo! Si tratta di un lavoro
collettivo e corale che rappresenta un importante patrimonio di queste
montagne.
Ora è giunto il
momento di tornare sulle montagne e a dedicarmi alla mia famiglia e
all’educazione dei miei figli. D’ora in poi tocca ai giovani raccogliere il
testimone e proseguire quanto fatto con serietà, dedizione e sacrificio. Le
nuove generazioni devono difendere fino allo sfinimento la storia
dell’alpinismo e praticarlo con una etica elegante, logica e genuina.
Infine una
considerazione legata al clima. È inevitabile che queste salite subiscano gli
effetti del cambiamento climatico. Se il ciclone Vaia ha regalato al comparto
orobico sensazionali condizioni con conseguenti salite spettacolari su pareti
incredibilmente incrostate di ghiaccio, dall’altro ho potuto notare nei boschi
del Trentino segni di tremenda devastazione, come ad esempio nel Parco
dell’Adamello-Brenta o sull’altopiano di Pinè. Pedalando in MTB sono rimasto
impressionato dalle enormi cataste di tronchi “parcheggiati” nelle piazzole a
bordo strada in attesa della loro destinazione. Sono vent’anni che la
situazione dei ghiacciai è critica. Basta pensare alla bellissima “Fetta di
Torta” della Presanella, dove la via tracciata da Messner è completamente
sparita.
Non possiamo vivere
tutto ciò con superficialità; dobbiamo quotidianamente domandarci cosa stiamo
lasciando ai nostri figli.
Negli ultimi due
anni ci sono stati inverni secchi, miti e ventosi; caratteristiche climatiche
assolutamente sfavorevoli per affrontare le vie di ghiaccio descritte in questo
lavoro, tranne che per le linee di puro dry, come quelle presenti al Pizzo del Becco
o sulla Nord del Pietra Quadra che con poca neve, offrono un accesso agevolato.
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